Mai tempo fu più galantuomo. Il genio torna a casa. A due passi dalle sue colline, a due passi dalla sua cuccia chiamata Certaldo. Torna a Coverciano, nelle aule più prestigose, stavolta tutt'altro che come alunno: stavolta da professore. Dopo un ventennio di geniali intuizioni, uno dei più grandi, completi e rivoluzionari tecnici del panorama del Bel Paese passa dall'altra parte. Dopo aver sfiorato con squadre da quarto/quinto/sesto posto per tutta la sua carriera qual sogno chiamato Scudetto, ha scritto la storia più bella degli ultimi 20 anni. L'ha realizzato, quel sogno, riscrivendo la storia di Napoli e del Napoli. Una città che l'ha travolto d'amore, d'affetto. L'ha incoronato. E quel simbolo non poteva che tatuarselo addosso. Nell'estate in cui Roberto Mancini, allenatore storicamente prestigioso, quantomeno per quanto vinto ma senza considerare quanto e come ben volentieri quell'amica chiamata dea bendata sia sempre stata dalla sua parte (si guardi al finale di Premier 12/13 dopo la faraonica campagna acquisti City, si guardi all'unico tecnico che vinse un Europe ai rigori tra semi e finale), ha salutato tutto e tutti dopo l'ennesima qualificazione mondiale fallita, sposando soldi e corte saudita, Luciano Spalletti sbarca a Coverciano. La scelta più chiara, netta, ovvia della Federazione. Il primo ad aver costruito una moderna ed evoluta difesa a tre sulle orme di Zaccheroni conquistando un traguardo impensabile come il quarto posto Udinese 04/05, la costruzione di registi bassi, puri e tecnici davanti la difesa tra Pizarro e Lobotka in un calcio tacciato spesso e volentieri come troppo conservativo, le straordinarie notti europee vibranti giallorossi e la prima creazione del falso nueve, Francesco Totti, senza dar punti di riferimento e cambiando connotati di centrocampisti incursori, senza considerare gli 87 punti record della sua Roma 2.0 e quel ritorno dell'Inter in Champions dopo anni e anni d'astinenza e depressione nerazzurra. Un fenomeno che ha storicamente portato, grazie alle sue intuizioni e al suo lavoro vecchio stampo da tuta e folle tattica, delle 500 a viaggiare come Ferrari. Come si può definire perdente chi arriva secondo con vetture da sesto posto? Il tempo gli è stato galantuomo. Prima campione d'Italia, poi Italia stessa. Adesso, in quelle aule, insegna lui. A Spallettone la missione di riportare in tre anni la nostra nazionale al Mondiale, 12 anni dopo. Missione netta e chiara: ricostruire. Volare. Grazie ad uno dei mentori più straordinari dell'ultimo lunghissimo ventennio di calcio italiano.