Mertens uomo dei record per caso: la strana storia del belga-napoletano

Oramai per tutti è Ciro ma quando arrivò a Napoli era semplicemente Mertens o Mertènz con l'accento sulla seconda "e" e la "s" finale trasformata in una "z" dalla lingua locale.

Dries è entrato nella storia del club azzurro come meglio non poteva, eguagliando il record di gol di Marek Hamsik nella notte di Champions contro il Barcellona di Leo Messi.

La verità, però, è che lui non ci doveva entrare, almeno alle apparenze. Perché, parliamoci chiaro: se Maradona è Maradona, se per gente come Cavani o Higuain buttare le porte a terra a suon di reti (e record) è il pane quotidiano mentre Hamsik è rimasto a Napoli per ben 12 stagioni, per il folletto belga la vita da bomber è iniziata praticamente a ventinove anni e per puro caso.

Perché quando è arrivato sotto al Vesuvio, grazie a Benitez nell'estate del 2013, tutti avevano di lui un'altra idea: un esterno sinistro sbarcato nemmeno per fare il titolare ma per dare il cambio ad Insigne nel 4-2-3-1. Del resto, tutti si aspettavano il definitivo salto di qualità dello scugnizzo di Fuorigrotta, in più mostrava meno propensione alla fase difensiva.

La sua velocità ed i suoi dribbling ubriacanti fecero sì innamorare i napoletani, ma lo fecero etichettare come uomo dell'ultima mezz'ora, da gettare nella mischia per spaccare le partite quando le squadre  si allungano. Insomma, per dirla in breve, era una riserva di lusso.

Non a caso il bilancio dei gol era buono ma niente di appariscente: 13 reti. Bottino che non si alzò nemmeno l'anno dopo, anzi, scese a 10, nonostante la maggior continuità d'impiego causa la rottura del crociato di Insigne.

Ed anche nella prima stagione di Sarri, le cose non andarono meglio con 11 gol totali all'attivo. Certo, sempre meglio dei 7-8 pronosticati da Eziolino Capuano, ma comunque non cifre da strapparsi i capelli. Del resto, nessuno gli aveva chiesto di fare tanti gol. Il suo estro, la sua fantasia, erano a disposizione della squadra e tanto bastava e, condito da un  carattere solare e divertente, ne facevano il connubio perfetto con la città di cui sia lui che la moglie si innamoreranno.

Cosa ha fatto diventare bomber è inutile raccontarlo, lo sanno tutti. Varrebbe la pena citare l'antico detto romano: "Mors tua, vita mea". Visto che senza l'infortunio di Milik la sua trasformazione non sarebbe avvenuta.

Personalmente, però, preferisco citare proprio l'autore della sua metamorfosi ovvero Maurizio Sarri il quale dichiarò che tutti i suoi allenatori, lui compreso, hanno una responsabilità morale non essendosi mai accorti delle straordinarie capacità realizzative che aveva.

Ed è proprio questo il punto della storia: perché sei in tre anni e mezzo metti a segno 87 gol (roba che fino a maggio non dovesse segnare più, avrebbe comunque una media di 22 a campionato) timbrando il cartellino anche contro avversari come Juve, Inter, Liverpool, Real Madrid e Barcellona, vuol dire che le stigmate del bomber  le hai.

Come mai nessuno se ne accorto prima resterà un mistero, fatto sta che, seppur per caso, Mertens ha scritto la storia di questo club e lo ha fatto come meglio non poteva. Quell'arcobaleno che va ad infilarsi nella porta dei blaugrana resterà per sempre nei cuori dei tifosi azzurri che ora vogliono una sola cosa: il suo rinnovo.