Esclusiva Modolo, fortezza veneziana: "Il club che amo, sogno record presenze"

Intervista realizzata da Gabriele Siri

Ci sono squadre a cui resti legato per sempre ed è il caso di Marco Modolo con il Venezia. Il difensore centrale, nato proprio nella città della squadra, ha incontrato diverse volte sul suo cammino il club, prima di diventarne a tutti gli effetti il capitano a partire dall’inizio di questo campionato.


Ma facciamo un passo indietro e analizziamo da dove questo amore è iniziato: “Iniziai proprio nel Venezia a tirare i primi calci al pallone perché è la squadra della mia città. A causa di un fallimento nel 2005 passai poi nelle giovanili dell’Inter. Iniziai negli Allievi, mentre l’anno successivo passai prima in Primavera e poi nella squadra satellite della Pro Sesto. Ebbi un grave infortunio al legamento crociato e fu per me un terribile momento, ringrazierò per sempre i neroazzurri, per avermi aiutato nella mia riabilitazione nonostante mi avessero già comunicato che mi avrebbero lasciato libero al termine della stagione. Fu così che tornai per la seconda volta nel Venezia come aggregato fisso della prima squadra.”


L’esordio con i “grandi” non arrivò però non capoluogo veneto: “Passai alla Sanvitese in Serie D, fu una stagione fantastica e di grande crescita per me. Arrivammo a metà classifica ma il ricordo più bello fu il Torneo di Viareggio con la maglia della Rappresentativa di Serie D, arrivammo in semifinale, dove fummo poi sconfitti dalla Sampdoria.”


Marco tornò quindi al Venezia, in Serie D: “Feci nuovamente ritorno nel club dove sono nato calcisticamente. Fu per me una grande stagione a livello realizzativo, furono ben 8 le reti, ma molti non sanno che a causa di alcuni infortuni finì la stagione facendo il centravanti” – sorride Modolo – “Ma l’alto numero di goal è dovuto anche alle magnifiche punizioni e i calci d’angolo battuti da Collauto.”


Per il difensore centrale arriva la prima vera e propria esperienza con i professionisti, che si trasforma in un vero trionfo: “Passai con la Pro Vercelli in C2. Fu il triennio che mi fece capire a tutti gli effetti che quello sarebbe stata la mia vita e il mio lavoro. Il lavoro ripaga sempre e solo chi ci arriva sa quanto ha sudato per conquistarselo. La prima stagione arrivammo in finale playoff, ma fummo poi battuti, fu un ripescaggio a permetterci di giocarci comunque la C1. Il secondo anno i playoff furono fortunati e superammo in finale il Carpi: realizzai il goal del pari nel ritorno, finita poi 3 a 1 a nostro favore. Riportammo la società dopo 64 anni nuovamente in B, una cosa molto prestigiosa in un club storico come quello. Fu per me la prima stagione con il nome sulla maglia, il sogno di ogni bambino, e fu per quello una grande emozione. A livello personale imparai molto, nonostante qualche infortunio di troppo, ma la squadra retrocedette e non rinnovai con i piemontesi per provare a restare nel campionato cadetto.”


Fu il Parma la nuova collocazione di Modolo, ma nella città emiliana il centrale non disputò neanche un minuto: “Firmai un triennale con i ducali, ma passai subito in prestito a Gorica, in Serie A slovena. Nonostante dopo un po’ mancarono gli stipendi decisi di rimanere conquistando la Coppa di lega in finale contro il Maribor. Era una squadra dal grande potenziale, tanto che la coppia d’attacco era formata da Lapadula e Coda. Decisi di restare altri 6 mesi per giocarmi i preliminari di Europa League. Fu una bellissima esperienza, ma la situazione economica non migliorava e tornai indietro. Mi accasai al Carpi in Serie B, con cui conquistammo un fantastico campionato. Era una squadra che viaggiava ai mille all’ora e che era praticamente perfetta, giocai poco, ma nonostante questo imparai tantissimo.”


L’anno successivo il Parma fallì, così Marco si ritrovò nuovamente libero: “Ricevetti alcune offerte dalla Serie B, ma nessuna di queste mi convinse a pieno. Mi chiamò il DS Perinetti dicendomi che a Venezia c’erano grandi progetti. Ad agosto firmai per la Serie D e, nonostante fossimo uno squadrone non andò tutto liscio. Fui colpito da una polmonite in preparazione che mi costrinse a saltare l’inizio, a novembre sembrava una macchina perfetta ma poi qualcosa si inceppò; solo con il cambio in panchina ritrovammo linfa che ci permise di vincere il campionato di 4 turni d’anticipo.”


La scalata verso il calcio che conta non è finita e un cambio in panchina fu determinante per la permanenza in Veneto: “In un primo momento doveva restare mister Favarin, con cui non avevo instaurato un grande rapporto. Pensai di partire, ma alla notizia dell’arrivo di Filippo Inzaghi fu determinante per decidere di restare. Il primo anno con lui conquistammo un grande campionato, mentre nel secondo in B riuscimmo a giocarci i playoff, un risultato che nessuno si sarebbe aspettato. Nella terza stagione perdemmo oltre che il mister anche tre giocatori cardine come Audero, Stulac e Moreo. Questo, insieme alla convinzione di essere più forti visto quello che era riusciti a far, fece si che la stagione fu tutta in salita. L’arrivo del subentrante Zenga ci illuse in un primo momento, ma alla fine riuscimmo comunque a conquistare dei playout quasi insperati. Il giorno successivo la partita ci fu detto che eravamo salvi a causa della vicenda del Palermo e di conseguenza il gruppo si rilassò. La Lega dopo 10 giorni cambiò idea e fummo costretti ad affrontare la Salernitana. Ricordo due partite giocate alla morte ma molto pesanti perché ravvicinate; dopo la sconfitta all’andata fu un mio goal a riportare tutto in parità e fu la lotteria dei calci di rigore a decidere il vincitore, ci andò male, ma nonostante questo pochi giorni dopo fummo comunque ripescati.”


La stagione in corso può considerarsi una sorta di anno zero per la squadra, vista la rifondazione che è avvenuta in estate: “Siamo ripartiti da capo, in pochi siamo stati confermati e per questo mi fu consegnata la fascia da capitano. E’ per me una grande emozione ogni volta che la indosso e allo stesso tempo una grande responsabilità. Ogni gara cerco sempre di onorarla come fatto da chi mi ha preceduto.”


Ma per Modolo scrivere il suo nome nella storia del club sarebbe un qualcosa di indelebile nella sua carriera: “Sarebbe un sogno raggiungere il maggior numero di presenza con il Venezia. E’ un risultato alla portata, non lo nascondo, ma ciò che è più importante è onorare sempre e comunque la maglia che si indossa. Speriamo di poter tornare a giocare presto, solo però nel momento in cui ci sarà la massima sicurezza per tutti.”