Lazio, vietato mollare: "Questo è il tempo di vivere con te"

di Alessandro Bonifazi

L’attesa è snervante.

Tutto gli occhi su Bergamo, ancora una volta.

Le più belle del campionato, gli attacchi più prolifici, il profumo d’ Europa che conta: questa non è solo una partita di calcio. È uno scontro tra due mondi, così diversi, ma uniti all’insegna del bel giuoco.

La Dea, orfana di Gasperini, accoglie l’Aquila nel suo Olimpo: un Gewiss Stadium deserto, la cui atmosfera preannuncia la parola chiave della partita: surreale.

Da un lato 3-4-3 per i nerazzurri, con il solo Gollini a rappresentare il tricolore; dall’altro l’affermato 3-5-2  che ha piazzato la Lazio al secondo posto. Quest’ultima impone il suo gioco.

Solido controllo palla, fraseggi veloci, a volte rischiosi in fase difensiva, ma efficaci. Dopo una clamorosa occasione divorata da D.Zapata, Lazzari che vola sulla fascia destra, innescato dal “mago” Luis Alberto. Parte un missile basso che De Roon tenta invano di spazzar via, ma la traiettoria è beffarda. Gollini è battuto.

0-1

I capitolini partono forte: non sembra cambiato nulla.

L’esercito di Formello, pur privo di elementi preziosi, spruzza energia (terminandola, ma lo vedremo più tardi): le gambe sembrano reggere; Immobile dialoga con Correa e Luis Alberto; la difesa impedisce al Papu Gomez di respirare e neutralizza gli attacchi della Dea corritrice complice  uno straordinario Patric.

Inzaghi lo sceglie per marcare il piccolo, ma terribile, argentino. I 180 cm dell’ex laterale destro, riadattato al ruolo di centrale, diventano un’arma preziosa che conferisce velocità e agilità, quasi in controtendenza alle leggi non scritte del calcio contemporaneo, dove “alto è meglio, sempre”, specie se in difesa.  Arma sapientemente usata durante la partita. 

Chi non ha problemi di statura, invece, in mezzo al campo è un ragazzo serbo (ma nato in Spagna), alto 1.91, dal fisico possente e coi piedi pure bboni! 

Сергеј Милинковић Савић, ma per Simone Inzaghi lui è “Sergio”.

Milinković incanta anche la telecronaca che in cambio lo riempie di lodi. Sembra essere la sua partita, specialmente dopo il siluro da fuori area che lascia presagire una notte a tinte biancocelesti, una della tante quest’anno.

Gollini è battuto, ancora.

0-2

Dopo 20 minuti.

“La Lazio è forte” pensano i tifosi. Sono convinti e toccano con mano il testa a testa con la Juventus.

Ma i conti si fanno dopo il triplice fischio. Perché La Dea vende cara la pelle.

Inizia l’assedio.

L’Atalanta ci prova, Strakosha para, para e para. Ma nulla può dopo il colpo di testa di un ispirato Gosens.

1-2

Partita riaperta.

Alla Lazio non rimane che contenere, gestire le ripartenze e guardare il cronometro aspettando il duplice fischio.

Perché la fretta è cattiva consigliera: in particolare quella di segnare che avvolge Immobile (complice, probabilmente, la pressione di Ronaldo, imitato quest’oggi solo nella capigliatura) nelle due occasioni su quel palo destro, che stanotte sarà incubo di molti tifosi.

È valso per Zapata a inizio match. La legge del gol non sbaglia: gol mangiato, gol subito. E La lazio ne ha mangiati due, ma subiti tre.

Non vi è altro da aggiungere,è mera cronaca.

La Lazio entra nel secondo tempo e non è più lei. Le gambe sembrano aver accusato il colpo, seppur a scoppio ritardato e la  Dea, famelica, ne approfitta.

La partita è un film a senso unico, la Lazio perde i pezzi (Cataldi) e l’Atalanta prende terreno. A Sergej risponde un’altro slavo, l’Ucraino Malinovskiy, con il suo di siluro, mancino, che batte Strakosha al 66°. 

2-2

Nello stesso istante, a Roma, un terzo slavo festeggia la rete che porta la Roma a evitare la sconfitta (vincendo in rimonta). Il destino tuona.

 La Lazio viene travolta da uno tsunami.

Acerbi e compagni salvano fin dove è possibile, ma alla fine crollano.

Su una disattenzione del 33 laziale con il fino ad all’ora ottimo portiere Albanese, che porta a un corner dal quale nasce la rete di Palomino che sigla il definitivo sorpasso dei bergamaschi. Strakosha dà di spalle al pallone durante il cross, realizzando un’uscita che poco ha a che vedere con il suo curriculum calcistico. 

È l’80°.

3-2

A nulla servono i 5 cambi effettuati dalla Lazio, probabilmente per la prima volta nella sua storia.

Manca il calore del popolo biancoceleste, manca sentire Battisti dopo ogni gara in casa. Mancano  energie, uomini, gambe: la Lazio ha bisogno urgentemente di ciò per tornare a sorridere, se non a sognare. Quanto fatto nei primi 30 minuti deve esser fatto per 90. I numeri ci sono stati, Patric si sta ritagliando uno spazio importante e Lukaku ha rimesso piede in campo.

Il mito narra che antichi gli dei abbiano avuto il potere di vita o di morte sui mortali. Questa Dea, invece, condanna la Lazio e piega in direzione Torino il sentiero della Serie A.

Onore all’Atalanta.

Ma, come detto a inizio articolo: i conti si fanno alla fine.

Ora testa alla Fiorentina, perché come Battisti cantava: Questo è il tempo di vivere con te!