Milan, parla Maldini: "Derby? Importante, ma conta più vincere qualcosa"

In esclusiva sulla app ufficiale AC Milan, il Direttore Sviluppo Strategico dell’Area Tecnica Paolo Maldini, ha parlato dei suoi Derby vissuti da calciatore e della differenza tra vivere la vigilia da calciatore e da dirigente.

Ci racconti l’emozione e l’importanza di giocare un Derby?
“È sempre una grande emozione, ma devo dire che l’importanza di questo Derby non è superiore all’importanza che ha vincere qualcosa in questa stagione. In altre città il Derby è ancora più importante perché le due squadre non sono mai arrivate ad obiettivi ancora più alti rispetto alla partita singola”

Quali sono i Derby che ti sono rimasti nel cuore?
“Ne ho giocati tanti, credo più di 50, non mi ricordo esattamente il numero. Sono stati tutti un po’ diversi: i primi giocati forse non al 100% anche perché la tensione a 16-17-18 anni è più difficile da gestire rispetto a quelli giocati a 35-36. In tutti questi Derby ci sono state emozioni varie, forse quelli più emozionanti in assoluto sono stati quelli di Champions League: andare a vincere, in una semifinale, giocata in sei giorni tra andata e ritorno, qualificarsi per la finale e vincere la Champions League. Alla fine, è il risultato finale che conta, quindi probabilmente sono stati quelli più intensi”.

Il tuo rapporto con i tifosi del Milan?
“Si sente sempre il calore di una tifoseria, anche se esigente, come quella del Milan. Ho vissuto buona parte dei miei anni lottando per vincere qualcosa e di conseguenza il tifo è sempre stato una parte importante nelle nostre vittorie. Mi ricordo che nei primi anni ‘90 c’erano addirittura 70/71mila abbonati. Eravamo abituati ad avere lo stadio veramente sempre pieno”.

Avevi gesti e scaramanzie pre-derby?
“Vedevo gli altri che li facevano e quindi pensavo ‘magari porta bene’, poi ho visto che ho vinto, perso e pareggiato facendo le stesse cose. Allora ho pensato fosse meglio concentrarsi solo sulla partita e così ho fatto per il resto della mia carriera. Erano più cose legate a un calcio degli anni ‘80”.

Quanto è diverso vivere la Stracittadina da calciatore e da dirigente?
“La differenza è enorme, non c’è praticamente la partita. Tu non giochi la partita, da calciatore ti prepari 10-15 giorni per giocarla, adesso ti prepari 10-15 giorni per vederla. A livello di stress è molto più impattante la partita vista che la partita giocata, perché la partita giocata ti fa anche sfogare istinti, paure e preoccupazioni, quella vista sinceramente no”.