El Principe delle finali: Diego Alberto Milito

di Matteo Corona

https://www.youtube.com/watch?v=Tud_dyOObf0

Saper stare al posto giusto nel momento giusto e risultare decisivi in contesti prestigiosi sono attitudini speciali e preziose. Questi elementi sono fondamentali per compiere gesta maestose, e non è detto che siano riscontrabili nei grandi giocatori. Premesso che tali doti a volte si manifestano in modo totalmente spontaneo - e sovente fortunoso - in alcuni calciatori, una professionalità esemplare e una dedizione assoluta unite ad un’intelligenza accurata possono contribuire notevolmente a farsi trovare pronti in momenti delicati. In questi scenari si inserisce, nel 2009/2010, Diego Alberto Milito. El Principe, con la maglia dell’Inter, riesce a sintetizzare brillantemente le sue caratteristiche e la sua sapienza nelle ultime tre partite della stagione, quelle che valgono il Triplete. Se pensiamo allo spessore della posta in palio, il tutto assume contorni e sfaccettature fantastici. Si è parlato dell’abilità nel rispondere presente in momenti decisivi. In questo senso, l’ex numero ventidue dei nerazzurri non si dimostra incisivo solo in termini di gol - sarebbe riduttivo affermare una cosa del genere - ma grazie anche all'abnegazione, alla comunicazione con la squadra, alla serietà e alla grinta sfoggiate contro la Roma, il Siena e il Bayern Monaco si ottiene a un connubio vincente, un'unione da Triplete.

Prima sinfonia, la Coppa Italia: sfatato lo spauracchio del 5 maggio

Partiamo da un presupposto: l’Inter di Mourinho dimostra di soffrire le caratteristiche solide e organizzate della Roma di Claudio Ranieri. I giallorossi, nei due incontri di campionato contro la Beneamata, ottengono ben quattro punti: il pareggio di novembre a San Siro - con marcature di Eto’o e Vucinic - e la clamorosa sconfitta degli uomini dello Special One ad aprile allo Stadio Olimpico - partita che trasmette un entusiasmo stellare ai capitolini nella corsa Scudetto -. Per questo motivo, la finale di Coppa Italia del 5 maggio sempre all'Olimpico, si prospetta avvincente ed equilibrata. Mourinho si affida al rombo - che dopo pochi minuti diventerà un 4-3-3 atipico con l’uscita di Sneijder per infortunio e l’ingresso di Balotelli -  per spezzare il 4-2-3-1 ben collaudato dei “padroni di casa”. Si capisce subito che si tratta di un match intenso e ricco di duelli. I componenti della zona nevralgica delle due compagini sono costretti agli straordinari: da una parte c’è da contenere i continui movimenti di Perrotta e i guizzi di Vucinic, dall’altra il dialogo proficuo tra Milito ed Eto’o, idoneo a creare spiragli per le avanzate di Maicon. L’attaccante argentino già al 17’ sblocca la gara, ma il gol viene annullato per fuorigioco. È il preludio di quanto accadrà successivamente. Gli spazi sono intasati e la linea difensiva della Roma è stretta ed estremamente attenta su ogni taglio. Per rompere gli indugi, è necessaria una dose efficace di caparbietà e concretezza. Milito ne è consapevole, vista l’arcigna marcatura romanista. A poco più di cinque minuti dalla fine della prima frazione, Vucinic sbaglia un passaggio in fase di costruzione, Thiago Motta - di prima - lancia egregiamente con l’esterno l'ex Saragoza che, dopo una grandissima cavalcata, resiste alla pressione degli avversari e sfodera una conclusione magnifica e letale. C’è un momento esemplificativo del coefficiente di di difficolta della rete: l'attimo in cui Mexes temporeggia, Pizarro cerca di chiudere l’interno e Perrotta corre a gambe levate sull’ex Genoa. Perché ci vogliamo soffermare proprio su questo episodio? Perché quel che fa Milito è estremamente complesso: spostarsi il pallone verso destra, aumentare il livello dell’esecuzione, riuscendo ugualmente a sfornare una perla. Un’azione che racchiude la scaltrezza, il pragmatismo, la forza fisica, l’astuzia e ovviamente una finalizzazione impeccabile. 

 https://www.youtube.com/watch?v=MeHRKWn84w0

In occasione dell’azione del gol, Milito accerchiato da Mexes, Pizarro e Perotta, è rapido e sapiente nel crearsi lo spazio necessario per il tiro.

L’estetica del match non migliora nella ripresa, la tattica e l'intensità prevalgono. Anche  in vari frangenti dei secondi quarantacinque minuti, però, il ventidue è prezioso e operativo in fase di non possesso e nel far salire la squadra. Cambiasso e Thiago Motta, raramente, non ricevono la sua assistenza. La partita, purtroppo, dal punto di vista sportivo, non ha un epilogo solidale. Totti viene espulso per un calcione ai danni di Balotelli, mentre Maicon e Taddei devono essere calmati dagli altri calciatori. Insomma, il secondo tempo rispecchia il primo dal punto di vista dell’eccessivo agonismo. Alla fine, l’Inter alza al cielo la Coppa Italia, nel segno del Principe, sfatando lo spauracchio del 5 maggio.

El puntero della resilienza: spietatamente incisivo

L’ultima giornata di campionato assume contorni di un’importanza incredibile per lo Special One e i suoi ragazzi. Non solo per la conquista del quinto Scudetto consecutivo. No, soprattutto per quanto riguarda l’autostima e la fiducia in vista dell’atto conclusivo della stagione, ovvero la finale di Champions League. Ci sono momenti in cui diventa essenziale mantenere a pieno i nervi saldi e la lucidità, a maggior ragione quando le cose sembrano non andare nel verso giusto. Il 16 maggio, Inter e Roma si giocano fino all’ultimo sgocciolo il Tricolore. I nerazzurri affrontano il Siena - già retrocessa - in trasferta, mentre i giallorossi sono impegnati a Verona contro il Chievo - salvatosi con anticipo -. Fin dalle prime battute, sembra una giornata stregata per gli interisti. Infatti, dopo i brividi provocati da Ekdal, la squadra meneghina ci prova in tutti i modi a rompere il ghiaccio. Pur non brillando, l’undici di Mourinho ha in mano il pallino del match. Il problema principale è la concretezza davanti porta. Aggiungiamoci, poi, la gran giornata di Curci - ex Roma - e che, contro i clivensi, Vucinic e De Rossi realizzano due grandi gol. I parziali, al termine dei primi tempi, vedono i capitolini campioni d’Italia. Il break e la strigliata di Mou si rivelano vitali per la Beneamata, che rientra in campo con un atteggiamento maggiormente vigoroso e più deciso. Lo si può notare dai continui tagli di Milito - a dir la verità in ombra in precedenza -. Dopo sette minuti, accade un qualcosa d’incredibile: Javier Zanetti e il Principe sembrano quasi provare l’azione che deciderà il campionato. Gli argentini - complice una progressione splendida del capitano nerazzurro - dialogano egregiamente, ma il ventidue trova una nuova strepitosa risposta di Curci. Niente paura, ci pensa Milito mi han detto così (nonostante la giornata non esaltante). C’è un proverbio che recita: chi la dura la vince. In accordo con questo celebre detto, i due ripetono quanto fatto: l’ex numero quattro del club meneghino semina il panico sulla fascia di competenza, effettua un passaggio delizioso per Milito che, inseritosi tra il terzino destro e il centrale difensivo, avanza e con la punta trafigge Curci.

 https://www.instagram.com/p/B-ZE6n4IA-s/?utm_source=ig_embed

Una conclusione da futsal, un’esecuzione quasi insolita per incidere in una giornata particolare. Insomma, provare un qualcosa di straordinario per tornare a svolgere operazioni ordinarie. L’aspetto che maggiormente risalta agli occhi riguarda la spiccata abilità del Principe di rendersi pericoloso nonostante la difesa senese sia completamente schierata. Sul filo del fuorigioco, prendendo posizione, legge alla perfezione l’intenzione del compagno. La gran velocità, poi, nel ricevere e nel portarsi avanti per il tiro sono ingredienti vincenti. Possiamo definirla la partita della resilienza: da una serie di circostanze sfavorevoli, Milito si prende ancora la scena e lo Scudetto.

Il principe diventa Re nella notte di Madrid

Massimo Marianella racconta in modo emozionante e unico quella notte magica per il mondo Inter. Pensate, il trionfo nella finale di Champions League, assume toni ancor più suggestivi considerando che Inter e Bayern hanno trionfato nelle proprie competizioni nazionali e sono a caccia del prestigiosissimo Triplete. Mourinho, orfano di Thiago Motta squalificato, si affida al suo affidabilissimo 4-2-3-1, mentre Van Gaal, senza Ribery, punta sul classico 4-4-2, modulo nel quale spicca Robben. Nei bavaresi è insidiosa la posizione di Mueller, che cerca continuamente tagli idonei a spezzare la retroguardia nerazzurra. La Beneamata fatica a infondere un ritmo vibrante e fluido alla partita, complice l’organizzazione in mezzo al campo dei tedeschi, pungenti nel ripartire sugli esterni. Un episodio, però, quasi dal nulla dà una scossa: Julio Cesar effettua un rinvio dal fondo per Milito, l’argentino di testa serve Sneijder che, a sua volta, innesca nuovamente El Principe. L’epilogo è celebre, il ventidue firma la rete dell’1-0. Detta così, sembra molto semplice, riavvolgendo il nastro possiamo captare l’enorme difficoltà di questa azione contro la rocciosa difesa biancorossa. Milito sembra già sapere dal rilancio del portiere brasiliano cosa accadrà, non a caso mentre il pallone è in aria, guarda con la coda dell’occhio Wesley Sneijder: appena effettua il passaggio sull’olandese, il movimento fulmineo per superare Demichelis è impeccabile, la finta per “sbarazzarsi” di Butt è altrettanto astuta e non scontata. Intelligenza, capacità nel leggere l’azione e finalizzazione.

Il marchio di fabbrica: la finta a rientrare Cosa ci potrebbe essere di più gratificante in una finale di Champions di segnare e alzare il trofeo? Farlo secondo il proprio stile. Dopo un primo tempo spinoso per l’Inter nonostante il vantaggio - Julio Cesar è decisivo su Mueller - il Bayern nella ripresa non demorde. Sempre il portiere dei nerazzurri è costretto agli straordinari sul tiro a giro di Robben, successivamente Cambiasso deve superarsi per evitare il pari. Nel momento in cui i bavaresi spingono e alzano la pressione, arriva la perfetta “fotografia” della notte del Santiago Bernabeu. Gli interisti resistono alle avanzate tedesche e ripartono efficacemente in contropiede. Sneijeder orchestra e gira per Eto’o, il camerunese serve Milito, che disegna poesia: finta a rientrare - tutto col destro - per eludere la marcatura di Van Buyten, rotazione del corpo perfetta e conclusione letale. Esaltazione massima per il Principe. La sua celebre finta manifesta l'espressione più alta nel momento più importante, in una modalità unica. Milito sfodera spesso nella sua carriera questa sterzata vigorosa, gesto che si innalza di livello ai tempi di Genoa. La naturalezza e la spontaneità del guizzo sono devastanti.

 https://www.instagram.com/p/B-Z63gQoyvp/?igshid=6x5ax5ueg4gf

Non solo, prima del 2-0, Milito riscalda i motori provando ad usufruire del suo cavallo di battaglia - appunto la finta a rientrare - per gli assist. Nella prima occasione Sneijder non punge davanti a Butt, mentre nella seconda il portiere è reattivo sul tiro brillante di Pandev. Ed eccole che ritroviamo precise e puntuali le qualità tecniche e sapienti della punta. Durante la semifinale col Barcellona d’andata fornisce due assist preziosismi, mentre in finale apre spazi e con i suoi movimenti favorisce la fluidità dei passaggi. L'argentino spesso esegue dei tagli sul primo palo, liberando zone per i propri compagni. Ci sono calciatori che fanno di alcuni guizzi i propri punti di forza, ad esempio lo stesso Robben, unico nel convergere da destra verso sinistra. Per quanto riguarda il ventidue c’è da sottolineare alcuni aspetti chiave. La finta a rientrare dell’argentino è spesso differente, ma sempre pericolosa. L'attaccante è infatti produttivo quando cerca di andare a sinistra per poi andare a destra e viceversa, oppure quando alla fine decide di rimanere praticamente sullo stesso raggio della zolla di partenza. La rapidità con la quale passa dalla finta al tiro è impressionante, chiedere a gente del calibro di Pique, Terry e Puyol - oltre i centrali dei tedeschi - che cascano spesso nel tranello quell’anno. Acuto, tra l’altro, che taglia definitivamente le gambe al Bayern e smorza ogni entusiasmo: la Coppa dalle grandi Orecchie si colorerà di nerazzurro dopo 45 anni. Insomma, al termine di tre magiche sinfonie in Coppa Italia, nell’ultima di A e in occasione del primo gol in finale di Champions, serviva ancora un momento per mettere il punto esclamativo, per rappresentare un momento storico della storia dell’Inter. El Principe ci è riuscito.