ESCLUSIVA - Pellissier a FS: dalla tripletta a Buffon all’avvertenza di Mourinho. “Il Chievo ha rappresentato casa mia. Vi racconto la scelta del numero 31…”

Intervista realizzata da Matteo Corona

Ci sono calciatori che rimangono impressi nella mente dei tifosi, anche se non appartengono (o sono legati) alla propria squadra del cuore. Le cause possono essere molteplici. Se ciò avviene per motivazioni relative all’aspetto umano, il tutto assume un significato più nobile. Oltre alla qualità e alle capacità tecniche, alcuni giocatori riescono a trasmettere la passione e la gioia per quello che fanno, ma soprattutto dimostrano rispetto e lealtà, non proprio valori così scontati al giorno d’oggi. Educazione, sportività ed esempio sono tutte virtù che ha incarnato Sergio Pellissier, bandiera del Chievo Verona che, con l’umiltà che lo contraddistingue, ha appeso gli scarpini al chiodo il 25 maggio 2019, a 40 anni. Dalle sue parole traspare tutto l’amore e la passione verso questo sport e il suo spirito combattivo e romantico. Abbiamo intervistato l’ex attaccante clivense, ripercorrendo alcune tappe del suo percorso e affrontando tematiche attuali.

 

CHIEVO: CUORE, CASA, APPARTENENZA E LA “STORIA” DEL 31

Il Chievo è stata molto più di una squadra per Pellissier e, quando ne parla ripercorrendo i momenti trascorsi, si percepisce tutta la sua emozione:“Ho passato a Verona più di 20 anni. Hanno creduto nelle mie capacità, dandomi la possibilità di fare quello che ho fatto. Il Chievo ha rappresentato casa, non ho mai pensato di giocare per soldi, volevo essere riconoscente e dimostrare che non avevano sbagliato a puntare su di me e a darmi fiducia. La mia intenzione era quella di far parte di questa società a tutti i costi”. L’attaccamento e l’appartenenza ai colori gialloblù sono stati elementi costanti nella carriera dell’ex attaccante. Oltre a essere il calciatore con più presenze nella storia del Chievo e il miglior marcatore in Serie A con i clivensi, è il miglior realizzatore dei derby di Verona:“Firmare un gol è una delle cose più belle in assoluto per un giocatore, figuriamoci segnare in match così importanti e speciali. Già solo giocare un derby è una sensazione fantastica. Tutta la città aspetta quella partita, e riuscire a siglare una rete è meraviglioso. Le persone e i tifosi ti ricordano anche per certi record, e il mio rimarrà finché qualcun altro non me lo toglierà. È stato piacevole e gratificante affrontarli e riuscire ad incidere, anche perché nell’ultimo periodo non ci siamo incontrati spesso, in quanto eravamo in categorie differenti”. Nello sfogliare il libro dei ricordi, non potevamo non soffermarci sul suo ex numero di maglia, il 31: “Il mio desiderio, una volta rientrato dal prestito alla Spal, era quello di prendere l’11. Avevo passato un anno e mezzo a Ferrara con quel numero e mi sarebbe piaciuto mantenerlo. Quando sono approdato al Chievo, c’erano altri giocatori che lo volevano. Cosa è successo? Hanno organizzato un’asta, ma non avevo la disponibilità per partecipare. Quindi ho deciso di rinunciarci, optando sul 21. Arrivato Bierhoff, mi ha chiesto se potevo lasciargli il 21 e ovviamente non ho rifiutato. A quel punto ho virato sul 31. Perché? Sono un tipo abitudinario, in questa maniera un uno almeno rimaneva. Una storia particolare, però ha portato bene”.

 

LE GRANDI SFIDE: LA TRIPLA A BUFFON E I DIFENSORI D’ACCIAIO

È palese che per un attaccante segnare rappresenti una gioia incredibile, molti vivono (sportivamente parlando) per la rete. Poter raccontare, però, di far gol ad uno dei più grandi di sempre non è da tutti. Se poi parliamo addirittura di tre gol in una singola sfida, il tutto ha un valore notevole. Buffon, che ha da poco alzato la Coppa Italia, lascerà la Juventus - da capire se proseguirà o smetterà -. Pellissier non ha dubbi sulla carriera storica del numero 77 dei bianconeri: “È stato uno dei più forti della storia in assoluto, se non il più forte nel suo ruolo. Abbiamo vinto un Mondiale grazie a lui, è tutt’ora uno dei portieri con più record in Italia. È un esempio conosciuto in tutto il mondo. Fargli gol era sempre molto bello ma difficile, anche perché non c’era solo lui, ma una squadra e una difesa importante. La tripletta inflittagli è sicuramente un ricordo fantastico”. Ecco, a proposito di difese forti, l’ex capitano del Chievo ha giocato in un periodo in cui tutto il mondo ci invidiava la forza inestimabile dei pacchetti arretrati delle varie compagini e, se da una parte era molto complicato riuscire a imporsi contro determinate personalità, dall’altra quando avveniva era una sensazione soddisfacente, come sottolinea Pellissier: “È stato uno dei periodi più belli del calcio italiano, anche negli anni 80-90 il livello era incredibile. Il difensore più forte che ho affrontato? Ho avuto la fortuna di giocare con campioni, uomini e persone eccezionali che lottavano per la squadra, erano dei fuoriclasse. Dire un nome è complicato, ho giocato con Maldini, Nesta, Cannavaro, Samuel… In Italia avevamo i difensori più forti al mondo e sono veramente orgoglioso di aver sfidato questa gente nel corso della mia carriera”.

(Foto profilo Instagram Sergio Pellissier)

QUELL’AVVERTENZA DI MOU: “PER OGGI STAI CALMO…”

Parlando dell’attualità, c’è una notizia che ha particolarmente scosso o comunque interessato l’ambiente calcistico e non: il ritorno dello Special One nel nostro campionato. José Mourinho è sicuramente uno degli allenatori più vincenti della storia. I suoi ex giocatori e gli avversari stessi evidenziano il suo spessore e la sua capacità gestionale. Pellissier a riguardo si esprime in questa modo: “Mourinho è un grande allenatore, ha vinto tanto ed ha un tipo di gestione tutta sua. Può sembrare una persona arrogante e presuntuosa, ma se lo conosci ti accorgi che è eccezionale e bravissimo. I tempi sono cambiati e, come ha dichiarato, sta cercando di capire i giovani. È tutt'ora un grandissimo tecnico, ed è molto intelligente. Alla Roma farà bene, secondo me. Per poter ambire allo Scudetto, è necessario disporre di una società sana che lavori per te e di giocatori di un certo livello. Roma è una piazza importante, ma non credo che in questo momento possa competere per vincere la Serie A, è abbastanza dura. Detto questo, penso che con i giusti accorgimenti possano fare qualcosa di notevole già dalla prossima stagione”. Pellissier ci racconta un simpatico aneddoto sul portoghese: “Dopo aver segnato tre gol alla Juventus, il mese successivo affrontiamo l’Inter al Bentegodi. Durante il riscaldamento vedo Mourinho avvicinarsi e, in maniera ironica, si raccomanda di stare buono e non ripetere quanto fatto con i bianconeri. Devo dire che è stato un momento simpatico e spontaneo, mi ha fatto piacere. I nerazzurri erano vicinissimi alla vittoria del campionato, credevo che lo Special One non si accorgesse di questi aspetti. Invece mi ha sorpreso, sapeva e conosceva ogni dettaglio. Anche queste cose fanno la differenza, ha una mentalità vincente”.

 

PELLISSIER E TOTTI: DUE DESTINI SIMILI

Il ritiro è sempre un momento particolare per un calciatore. Soprattutto per qualcuno che ha speso tutta (o quasi) la propria carriera per una singola società. Se di punti di riferimento e simboli vogliamo parlare, da questo punto di vista Francesco Totti ne è l’esempio lampante. Spesso, però, pur rimanendo nel proprio club dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, le vedute tra le parti non sono le stesse: “Da quando ho smesso di giocare, non ho più incontrato Francesco. È un simbolo del calcio italiano ed è un punto di riferimento per quello che ha dato alla sua squadra. Dal mio punto di vista tutte le bandiere dovrebbero offrire il proprio contributo alle loro società una volta ritirati, proprio per lanciare un segnale al calcio moderno. Sarebbe bello se potesse tornare alla Roma. In alcuni aspetti i nostri percorsi si assomigliano. Anche io, nel mio piccolo, ho patito quello che ha patito lui. Ho lottato per questa società (il Chievo, ndr), ma poi entrambi siamo dovuti andare via perché non andavamo d’accordo con chi c’era. Il mondo da dirigente è un settore particolare, ma come ci tiene lui alla Roma…”.

(Foto profilo Instagram Sergio Pellissier)

PROGETTI FUTURI

Pellissier non ha intenzione di fermarsi e, tra idee e progetti, attende la giusta opportunità: “Sono andato via dal Chievo ormai da un anno. Non avevo le stesse vedute di chi stava dirigendo in quel momento, e mi è sembrato giusto lasciare gestire agli altri. Mi piacerebbe continuare la carriera da direttore sportivo, anche perché ho studiato per intraprendere questa strada. Nella vita non si può mai sapere, ora sto facendo altro e attendo. Vedremo cosa succederà nel tempo”. E su un eventuale ruolo in futuro in Nazionale, si esprime così: “La Nazionale italiana è il sogno più grande di qualsiasi atleta, e non mi riferisco solo al calcio. È un traguardo a cui tutti ambiscono, giochi per un’intera nazione e non solo per i tuoi tifosi. Hai delle responsabilità enormi perché tutta l’Italia può avere dei benefici o dei dolori dalle tue gesta. L’esordio a 30 anni. è stata un’emozione unica. Sono venuti i miei genitori e mia moglie a vedermi, ho fatto anche gol. Davanti ti passa una vita, perché hai fin da piccolo l’obiettivo di vestire quella maglia. Ci sono riuscito, malgrado venissi da una piccola, ed ho fatto anche gol. Mister Lippi non è che parlasse più di tanto con me, in quanto c’erano fior di campioni. Lo reputo un allenatore che trasmette una serenità, che ti lascia abbastanza libero, ma quando sei in campo devi dare tutto. Lo ringrazio di avermi fatto questo regalo, non posso che esserne fiero. Mi piacerebbe poter avere un’avventura in Nazionale, a chi non piacerebbe. Non sempre, però, ci sono le possibilità. Ribadisco, sono molto orgoglioso di aver vestito la maglia azzurra, un vero onore. Posso dire di averci giocato almeno una volta”.