ESCLUSIVA - Mazzola a FS: "Lautaro ha i numeri per diventare un campione. Quella volta con Puskás stavo per svenire..."

Intervista realizzata da Matteo Corona

Sandro Mazzola è una leggenda del calcio, rappresenta in maniera prestigiosa e onorevole l’Italia in questo magnifico sport. Uomo d’altri tempi, calciatore romantico, capace di vincere due Coppe Campioni con l’Inter - risultando determinante in finale contro il fortissimo Real Madrid nel 1964 -. Quando la posta in palio si alzava ai massimi livelli, emergeva pienamente la sua forza ed incideva quando serviva il guizzo e la giocata decisiva: come solo i veri campioni e fenomeni sanno fare. Icona dal talento inestimabile, capitano vero dei nerazzurri, ricoperto di sani principi e valori umani. Non è purtroppo retorica, ma un giocatore dalla personalità di Sandro Mazzola è stata cosa rara da ammirare nel corso degli anni. Simbolo del calcio di una volta, probabilmente del vero calcio, quello che non c'è più. 

Abbiamo avuto l’onore di intervistare in esclusiva Sandro Mazzola, che proprio oggi compie 79 anni. Certamente avrebbe potuto e voluto festeggiare con la vittoria della sua Beneamata nel derby e, proprio per questo, siamo partiti dal momento dei nerazzurri e dalla conduzione tecnica dell’ex allenatore della Lazio: “Inzaghi sta facendo bene, vedo la squadra che lo segue. È chiaro che bisogna dargli del tempo per far recepire al gruppo in maniera definitiva tutte le sue richieste. Il suo lo reputo un buon lavoro”. Nella partita di ieri, Lautaro ha avuto un’occasione d’oro, da calcio di rigore, facendosi però negare la gioia del gol. Mazzola non ha comunque dubbi sul valore del Toro: “Ha i numeri per diventare un campione con la maglia dell’Inter addosso perché ha tutte le qualità che sono necessarie. Quando dimostri determinate cose alla gente puoi diventare un simbolo. Deve continuare così, senza mai rinunciare al lavoro e al sacrificio”

LA LEGGENDARIA CARRIERA DI MAZZOLA

LA STORICA DOPPIETTA IN FINALE E QUELLA FRASE DI PUSKAS - Non tutti i campioni hanno il privilegio di poter raccontare di essere stati decisivi nell’atto conclusivo di una manifestazione storica e incredibilmente prestigiosa. Mazzola non solo è stato in grado di firmare una doppietta nella finale di Coppa dei Campioni, ma lo ha fatto contro il potente Real Madrid - la gara terminò 3-1 -. Ancora oggi quegli attimi provocano una serie di emozioni indescrivibili: “In quei momenti ti senti importante, è complicato spiegare cosa si prova. Quando ti trovi con i tuoi famigliari, e magari qualcuno racconta di qualche bell’episodio vissuto sui campi da calcio, subito ti torna alla mente quello che sei stato in grado di compiere. Anche dopo tanti anni di distanza pensi dentro di te: porca miseria cosa sono riuscito a fare”. Quel 27 maggio 1964, però, c’è un altro “regalo” speciale e unico per Mazzola. Un’altra leggenda, Ferenc Puskás, a fine partita, gli si avvicina  dicendogli: “Una volta ho giocato contro tuo padre. Complimenti, hai onorato la sua memoria”. Frasi ricche di significato, accompagnate dalla maglia che il giocatore ungherese gli regala. Mazzola ricorda l’accaduto quasi commosso e ovviamente con gran piacere: “A momenti svengo, fu una cosa fantastica. All’epoca non c’era la risonanza mediatica di oggi, e le partite degli altri non era così facile vederle. Io però sono stato sempre impressionato da lui e l’ho sempre ammirato. Quando mi disse così stavo per svenire dall’emozione”.

SIMBOLO ITALIANO E LA CELEBRE/STORICA “RIVALITÀ - Mazzola ha fatto parte dell’Italia che, per la prima volta, ha trionfato in un Europeo. Il fattore che ha fatto la differenza è per lui chiaro: “Vincere con la tua Nazionale ti dà sicuramente una soddisfazione differente. Attribuisco gran merito a mister Valcareggi, che fece un gran lavoro nel tenerci uniti e lontano da quello che si diceva e si scriveva. Fu essenziale, oltre alla qualità che avevamo come squadra, era importante essere compatti e concentrati sull’obiettivo”. Parlando di Azzurri ma non solo, celebre e famosa è la rivalità tra Mazzola e Rivera, due icone italiane: “Io e Gianni ci divertivamo molto di questa situazione (commenta scherzando, ndr). Si era dato molto risalto a questa rivalità. Quando passeggiavamo per strada insieme agli altri componenti del gruppo e notavamo che i giornalisti e i fotografi cercavano di vedere come ci comportavamo tra noi, ci mettevamo all’ultima fila volontariamente per stare vicino. All’epoca il dualismo tra Inter e Milan era molto più accesso, e noi eravamo due simboli. C’è sempre stato gran rispetto e stima tra noi, questa era la cosa più importante”.

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